Nel quartiere di Monteverde vecchio a Roma, sul Gianicolo, si erge un edificio dall’aspetto particolare, datogli dal basamento imitante delle rocce che lo caratterizzava e circondato da una vaga aria di mistero: è la villa Il Vascello.

Targa all’ingresso del Vascello

Ha una storia particolare, legata sia alla figura che lo progettò, che alle vicende storiche che qui si svolsero, e anche agli attuali proprietari. Solitamente inaccessibile, dopo essere passata davanti al suo cancello centinaia di volte, ho avuto finalmente occasione di visitarlo in occasione delle Giornate FAI di Primavera.

Ma andiamo per ordine!

Veduta laterale

Il progetto della villa Il Vascello

La villa fu progettata da Plautilla Bricci (Roma 1616 – 1705) un’architetta e pittrice italiana. Oggigiorno il suo nome è sconosciuto ai più, nonostante sia stata l’unica donna italiana (e probabilmente europea) della sua epoca a lavorare nel campo dell’architettura. Fu avviata alla carriera artistica dal padre Giovanni, anch’egli pittore ed amico del Cavalier d’Arpino, uno dei più famosi pittori del tempo, del quale probabilmente frequentò la bottega.

Il suo incarico più importante fu appunto la Villa del Vascello, dove subentrò  niente di meno che a Bernini: una villa fuori Porta San Pancrazio sul Gianicolo che dominava “tutta la campagna fino al mare […] havendo anco per oggetto di prospettiva il palazzo Vaticano”, e che fu “edificata a similitudine d’un vascello sopra uno scoglio”. L’incarico le venne conferito da un committente molto prestigioso, l’Abate Elpidio Benedetti, segretario del Cardinale Mazzarino:  i suoi compiti comprendevano procurare opere d’arte (soprattutto per il Mazzarino), accogliere i personaggi francesi in visita a Roma, controllare gli artisti francesi e amministrare le risorse economiche destinate agli affari della corona francese.

Come racconta la scrittrice Melania Mazzucco, che a Plautilla ha dedicato un libro: “Quando pose la prima pietra alla fondazione della Villa da lei progettata, Plautilla Bricci fece tracciare su una lamina di piombo una scritta in cui rivendicava di essere celebre come pittrice e architettrice”. Nel Capitolato del 1663 tra il Benedetti, la Bricci e il capo mastro si legge: “la casa deve essere costruita seguendo il progetto, con tre piani, fatto dalla Signora Plautilla Bricci Arch[it]ettrice, sia sulla fronte, sui lati e nella parte posteriore così come è nei disegni fatti da Plautilla, che sono stati dati a me [Benedetti] per accompagnare questo documento”. Si capisce bene quale dovesse essere la fama e la consapevolezza del proprio valore di questa donna. 

Come si legge dai documenti la villa, terminata entro il 1667, aveva la “forma di un gran vascello da guerra, di cui rappresenta perfettamente tutte le parti esterne che non vi mancano che gli alberi e le vele” e questo spiega la sua attuale denominazione.

L’“architettrice” Plautilla, che fu anche membro dell’Accademia di S. Luca, utilizzò un modello di villa alla francese, disponendo la facciata principale del Casino non parallelamente alla strada ma ortogonalmente ad essa. La facciata che prospetta su via Aurelia era composta da un basamento a finta roccia su cui poggiava un portico semiellittico decorato con lesene e coronato da una balaustra; sull’arcata centrale dominava lo stemma del re di Francia sostenuto da due statue di Fama. I disegni della fabbrica mostrano un edificio a pianta rettangolare con un giardino pensile sulla copertura. 

Probabilmente l’idea di un edificio a forma di nave che solca le onde era un richiamo all’Arca di Noè, nell’intento di celebrare il re di Francia come uomo giusto come Noè mentre la nave aveva simbolicamente il compito di superare il conflitto tra la Chiesa ed il re di Francia. Nucleo centrale della villa era la galleria, lunga palmi 130, lastricata di maioliche di tre colori e ornata di stucchi riccamente dorati e pitture: sulla volta spiccava l’Aurora di Pietro da Cortona.

Benedetti, proprietario della villa, morì nel 1690, lasciandola in eredità a Filippo Giuliano Mancini, duca di Nevers ed erede del Mazzarino. Nel ‘700 però i duchi di Nevers, residenti a Parigi, non erano più interessati alla villa che venne data in affitto.

La distruzione della Villa Il Vascello

Facciamo ora un salto di quasi 200 anni e arriviamo all’estate del 1849, un momento cruciale nella millenaria storia di Roma.  Nel novembre dell’anno precedente, il Papa Pio IX era fuggito a Gaeta e il 9 febbraio 1849 un’ Assemblea eletta con suffragio universale proclamò la Repubblica romana, affidandone la guida a un Triumvirato composto da Giuseppe Mazzini, Aurelio Saffi e Carlo Armellini.

Ovviamente il Papa non rimase inerte di fronte a questi eventi, ma invocò l’intervento delle potenze europee per restaurare il suo potere temporale. Francia, Austria, Spagna e Regno delle Due Sicilie, paesi cattolici retti da regimi conservatori, attaccarono il territorio della Repubblica da più parti. Un corpo di spedizione francese con 7000 uomini guidato dal gen. Oudinot sbarcò a Civitavecchia. A difesa della Repubblica accorsero a Roma giovani da ogni parte d’Italia e d’Europa: Garibaldi vi portò i suoi volontari. Il comando del settore più esposto agli attacchi individuato nel Gianicolo fu affidato a Garibaldi, che poteva contare solo su 4300 uomini, e per giunta male armati. Difendere il Gianicolo era fondamentale in quanto chi si fosse insediato militarmente sul colle avrebbe avuto la città ai suoi piedi. Il 30 aprile i Francesi giunsero alle porte di Roma: ritenendo di incontrare scarsa resistenza, avanzarono allo scoperto, ma furono costretti a ritirarsi dalla strenua difesa romana.

Ricevuti ingenti rinforzi, il 1°giugno Oudinot ruppe la tregua stabilita, comunicando che avrebbe attaccato il 4 giugno. Attaccò subdolamente invece nella notte del 3 giugno, cogliendo di sorpresa i difensori dalla città. 

Roma venne stretta d’assedio e bombardata. La popolazione sopportò coraggiosamente i sacrifici e anche donne e bambini contribuirono alla lotta, resistendo con tenacia nonostante la schiacciante superiorità delle forze nemiche. Il 30 giugno i Francesi sferrarono l’attacco finale e Garibaldi era pronto all’estrema difesa della città casa per casa, ma l’Assemblea, per non sottoporre Roma a inutili distruzioni, decretò la resa. 

Illustrazione di Giuseppe Vasi

La villa Il Vascello si trovò proprio al centro dei combattimenti più intensi, in quanto punto più avanzato da dove tentare di contrastare l’avanzata francese. Presidiata dalla legione di Giacomo Medici, per tre settimane resistette caparbiamente a bombardamenti e assalti, anche quando fu ridotta a un cumulo di macerie. Proprio qui fu colpito, il primo giorno di combattimento, il giovanissimo Goffredo Mameli, che morì un mese dopo a causa delle ferite. Il Vascello venne infine abbandonato per ordine di Garibaldi quando si dovette arretrare tutta la linea del fronte.

Dipinto delle rovine de Il Vascello

Per questa strenua difesa Giacomo Medici ricevette nel 1876 da Vittorio Emanuele II il titolo di “marchese del Vascello”, e nel 1877 acquistò la Villa. Il Vascello fu l’unica delle ville della zona a non essere ricostruita, a differenza del Casino dei Quattro Venti a Villa Pamphili, di Villa Spada o di Villa Savorelli (anche il bellissimo Casino Algardi di Villa Pamphili fu danneggiato e saccheggiato, ma per fortuna fu prontamente restaurato). Luigi Medici del Vascello, fratello di Giacomo, che avrebbe potuto permettersi di ricostruire la villa, volle lasciare inalterati i ruderi a sottolinearne il valore simbolico, ripristinando solo gli ambienti di servizio. Oggi quel che rimane dell’edificio originale è questo muro.

La villa Il Vascello oggi

La villa è oggi divisa in due proprietà private. Una di esse, la palazzina costruita nel giardino che dalla metà del Settecento fu utilizzata come Casino degli Agrumi appartiene al Grande Oriente d’Italia, la più antica istituzione massonica italiana che ne ha fatto la sua sede nazionale nel 1985. Precedentemente la sede era il palazzo Giustiniani in via della Dogana Vecchia a Roma.

Fanno parte del Grande Oriente d’Italia circa 900 Logge ubicate in tutte le regioni italiane. Come si legge sul sito grandeoriente.it la Massoneria del Grande Oriente d’Italia è “Un Ordine iniziatico i cui membri operano per l’elevazione morale e spirituale dell’uomo e dell’umana famiglia. […] La natura della Massoneria e delle sue istituzioni è umanitaria, filosofica e morale. […] Non è una religione né intende sostituirne alcuna: non pratica riti religiosi, non valuta le credenze religiose, non si occupa di nessun tema teologico, non consente ai propri membri di discutere in Loggia in materia di religione. […] Essa stimola la tolleranza, pratica la giustizia, aiuta i bisognosi, promuove l’amore per il prossimo e ricerca tutto ciò che unisce fra loro gli uomini ed i popoli per meglio contribuire alla realizzazione della fratellanza universale. […] II Massone è tenuto a rispettare scrupolosamente la Carta Costituzionale dello Stato nel quale risiede o che lo ospita e le leggi che ad essa di ispirino“.

La data di nascita dell’istituzione è convenzionalmente il giugno del 1805 e il viceré Eugenio Beauharnais fu il  primo Gran Maestro. Tra i Gran Maestri più noti spicca la figura di Giuseppe Garibaldi (nominato primo massone d’Italia ad vitam nel 1864) e quelle di Ernesto Nathan, che fu stimato sindaco di Roma dal 1907 al 1913, e dello scultore Ettore Ferrari, autore di opere celebri a Roma come la statua di Giordano Bruno a Campo de’ Fiori e quella di Garibaldi al Gianicolo.

Ritratti dei Gran Maestri

Il momento più tragico del Grande Oriente d’Italia si verificò durante il regime fascista: nel 1925, il Gran Maestro Domizio Torrigiani sciolse le logge in osservanza della legge sulle associazioni voluta da Mussolini. Il Grande Oriente d’Italia emigrò in Francia, la sede di Palazzo Giustiniani venne confiscata dai fascisti e i i massoni furono perseguitati.

La facciata posteriore del villino

All’interno della palazzina, tra i vari ambienti si distinguono la Biblioteca, utilizzata nelle riunioni rituali; la Sala con ritratti dei Grandi Maestri, la Sala dell’Agape dove si svolgono le agapi rituali previste dal regolamento e la sala dove si riunisce il consiglio. Sia all’interno che nel giardino numerosi sono i riferimenti ai simboli della massoneria.

La Biblioteca

Sala con i ritratti dei Gran Maestri

Bellissima la vista che si gode dalla terrazza del primo piano da dove è possibile ammirare l’incantevole giardino e in lontananza il profilo della cupola di San Pietro.

Il Compasso e la Squadra