Nel mio ultimo giorno di sitting ad Amsterdam camminando senza fretta per raggiungere il museo Willet-Holthuysen che volevo visitare, la mia attenzione è stata attirata da alcune strane superfici riflettenti che vedevo al di sopra di un muretto. Visto che si trovavano proprio accanto al Museo Ermitage, ho pensato che si trattasse di una qualche installazione artistica e, incuriosita, mi sono avvicinata.

Uno degli accessi al monumento

Ho scoperto così che ti trattava invece del nuovissimo Nationaal Holocaust Namenmonument, il Monumento nazionale ai nomi dell’Olocausto, inaugurato il 19 settembre dal re Willem-Alexander.

Come ho letto successivamente cercando informazioni sull’opera, il memoriale è stato realizzato dallo Studio Libeskind e ha avuto una nascita un pò travagliata: un gruppo di abitanti dell’elegante quartiere in cui si trova si era infatti opposto alla sua creazione, sostenendo che avrebbe causato il taglio di alcuni alberi del parco e soprattutto avrebbe rovinato la quite della zona attirando frotte di turisti, ma nel 2019 il tribunale di Amsterdam ha respinto il ricorso affermando che in questo caso l’interesse pubblico era prevalente su quello privato.

Visitatori del monumento

L’architetto Daniel Libeskind, figlio di ebrei polacchi sopravvissuti all’Olocausto, ha progettato tra le tante opere anche l’ampliamento del Museo Ebraico di Berlino, il Contemporary Jewish Museum di San Francisco e il One World Trade Center, o Freedom Tower a New York ed è stato il primo architetto a vincere l’Hiroshima Art Prize, assegnato ad un artista il cui lavoro promuove la comprensione internazionale e la pace.

Modellino del monumento

Modellino del monumento (ph.Archdaily)

Collocato in Weesperstraat, vicino al quartiere ebraico, e costato 6,8 milioni di dollari, il monumento intende ricordare i 102 mila ebrei e i 220 rom deportati dai Paesi Bassi: si calcola che circa i 2/3 della popolazione ebraica olandese venne sterminata dai Nazisti. Parte del costo dell’opera è stato raccolto tramite un crowdfunding grazie al quale 84.000 persone hanno sponsorizzato un mattone pagando 50 €. La prima pietra era stata posata un anno fa da Jacqueline van Maarsen, un’amica di Anna Frank.

La struttura è molto semplice: una serie di muri di mattoni, alti due metri, formano le 4 lettere della parola ebraica che significa “In memoriam”.

La parola ebraica che significa In Memoriam

Su ogni mattone è scritto il nome di una vittima, con la data di nascita e l’età in cui è morto. Un altro muro presenta 1000 mattoni ancora senza scritte, per onorare coloro che sono rimasti senza nome.

Il muro dei mille nomi

Al di sopra dei muri sono posizionate delle grandi lastre d’acciaio lucide dove si riflettono gli edifici circostanti: il caldo colore rosso/arancio dei mattoni contrasta e addolcisce le fredde superfici specchianti, ammorbidendo in qualche modo la rigida geometria e la durezza delle forme spigolose del complesso.

Immagino  che il giudizio estetico su questa opera dividerà nettamente i suoi ammiratori dai denigratori (personalmente a me è piaciuto moltissimo fotografarlo), ma di certo il memoriale è un importante contributo affinché la memoria di un passato così tragico e di tante vittime incolpevoli non vada perduta.

Mattoni con i nomi delle vittime